Esci i dati e sali l’impatto

Al di là della sintassi che l’ Accademia della Crusca può consentire parlando del tema dell’impatto, è ormai fondamentale dimostrare quanto il nostro lavoro sia in grado di generare risultati duraturi per poter conquistare donatori ed in particolare per intercettare finanziamenti significativi.

Fondazioni bancarie, di comunità, private ed enti erogatori analizzano decine di richieste che già rispondono a una serie di criteri prestabiliti,  ma questo – quasi sempre – non è sufficiente a conquistare un finanziamento. Preferibilmente vengono ormai premiate le organizzazioni che non sono solo una buona scelta calzante con i requisiti, ma quelle che meglio possono seguire nel tempo le diverse progettualità o gli obiettivi su cui si sono concentrate e stanno lavorando.

Le organizzazioni non profit spesso non propongono questo impatto a lungo termine nelle loro richieste, in parte perché la misurazione dei risultati richiede competenze e risorse di cui sono carenti. Inoltre, non esiste un modo unico per gestire i dati.

Per tentare di affinare le capacità di misurazione, ho tenuto traccia di alcuni suggerimenti, strumenti ed esempi su come impostare obiettivi e mappare i progressi. Nulla di nuovo, ma sintetizzato in una piccolo decalogo su come “omogenizzare” dati e storie per costruire un valido supporto alle nostre richieste.

  1. Non confondere i risultati con il prodotto della tua attività.

I finanziatori sono sempre più sofisticati nel voler vedere e toccare con mano RISULTATI o elementi che si avvicinano ai risultati.

I risultati – nel loro valore profondo – sono cambiamenti nella vita delle persone o delle comunità legate ai nostri obiettivi di lungo termine o meglio alla nostra mission. Troppo spesso ci si concentra invece su ciò che materialmente la nostra attività produce: gli esiti immediati delle attività, come il numero di pazienti per una cura, di partecipanti a una ricerca, di visitatori di un’opera d’arte restaurata, ecc….

È importante invece capire la differenza e trovare un modo per dimostrare un cambiamento duraturo.

Classico l’esempio con il problema dei senzatetto; non si tratta solo di far dormire quella persona per la notte, il che sarebbe un output. Il vero risultato dovrebbe essere come aiutare le persone a rimettersi in piedi e a non vivere in strada.

  1. Individua il tuo obiettivo e come lo stai raggiungendo.

La maggior parte delle organizzazioni non profit hanno missioni troppo vaghe o troppo cariche per essere profondamente utili.

Il freddo elenco delle organizzazioni in Italia iscritte al 5xmille è una lettura interessante a questo proposito.

La maggior parte di queste poi si concentrano su ciò che stanno facendo ora e non su quello che vogliono ottenere in prospettiva. Con quali risultati però dimostreranno il loro successo se non sanno esattamente a cosa stanno lavorando e come ci stanno arrivando?

Un ottimo strumento per mappare i risultati che vogliamo ottenere e collegarli alle attività è la teoria del cambiamento. Applicarla è possibile grazie anche al contributo del personale, del board e della comunità, oppure trovare un consulente esperto che ci aiuti pro bono.

Fondazione Lang Italia ha editato questa ottima guida pratica per le organizzazioni interessate a sviluppare una “Theory of Change” (“teoria del cambiamento”).

  1. Traccia le metriche che contano di più.

Le organizzazioni raccolgono spesso troppi dati senza sapere in che modo si riferiscono agli obiettivi. E’ più opportuno concentrarsi su tre o quattro elementi che sono più rilevanti da misurare (in base alla tua teoria del cambiamento), individuando anche i modi migliori per seguirli.

Non serve un database sofisticato, basta un foglio excel con le metriche evidenziate in caselle colorate per monitorare l’avanzamento delle attività verso i singoli obiettivi.

  1. Non sentirti obbligato a condividere tutti i tuoi dati.

Alcune organizzazioni (soprattutto quelle più grosse) potrebbero dover tenere traccia di più metriche rispetto ad altri, ma in genere è sufficiente scegliere alcuni aspetti rilevanti del proprio lavoro e gli interessi degli enti finanziatori da evidenziare nelle proposte. Con troppi dati, chi legge si perde.

Un buon modo per individuare le metriche migliori da esporre è il dialogo con i nostri interlocutori e con altre organizzazioni che cercano di intercettare quei finanziamenti.

  1. Un obiettivo lontano non impedisce di misurare e presentare i risultati.

Quando si lavora su problemi complessi, esiti immediati non sono sempre realizzabili. E’ possibile comunque integrare dati di ricerche esterne e autorevoli con i propri dati relativi alle  tappe di un processo. Ad esempio se si lavora sui disturbi specifici dell’apprendimento e i dati mostrano che il nostro lavoro sta migliorando i voti degli studenti, la correlazione tra voti e dinamiche di cura potrebbe agevolare l’esposizione degli obiettivi raggiunti.

Un altro buon modo di integrare questi risultati è quello di mettere in evidenza i risultati che dimostrano che l’organizzazione sta migliorando la sua capacità di raggiungere l’obiettivo: come il rafforzamento delle sue finanze o la creazione di nuove competenze interne.

  1. Investi in strumenti e attività di misurazione.

Misurare l’impatto dimostra se il tuo lavoro è efficace o se devi cambiare rotta e vale la pena spendere soldi per farlo bene.

A seconda del budget e del programma della tua organizzazione non profit, le opzioni potrebbero includere una valutazione formale o un controllo di impatto o semplicemente assumere qualcuno con esperienza in dati o misurazione e valutazione. Si tratta di avere qualcuno che ama i dati e capisce come funzionano.

  1. Non nascondere i dati che rivelano risultati non desiderati.

Sembra scontato, ma non lo è. Quante volte sul campo da golf il giocatore inesperto calcia di nascosto la sua pallina per avvicinarla alla buca? Dimentica però che le 18 buche sono un percorso troppo lungo perché non salti fuori la sua incapacità.

Devi dire la verità, specialmente ai donatori e ai finanziatori. Ma allo stesso tempo, si dà loro così la consapevolezza che si sta cercando la strada giusta per raggiungere gli obiettivi, imparando a crescere e a cambiare attraverso gli errori.

Discutere del fallimento o dell’incertezza nelle proposte può essere scomodo, ma è una conversazione vitale da avere con chi è disposto a sostenerci.

  1. Rafforza i dati con storie.

Per quanto i finanziatori sostengano di preoccuparsi dei dati, sappiamo che hanno bisogno di storie. Preoccupiamoci di capire cosa potrebbe avere forte risonanza con il nostro pubblico e adattiamo di conseguenza il nostro approccio.

Le citazioni di chi partecipa ai nostri progetti o partner, i profili delle persone che stiamo aiutando e gli aneddoti sui cambiamenti in una comunità che serviamo, possono dare ai donatori un “tocco emotivo” del nostro lavoro e un assaggio del tipo di storia che potrebbero raccontare di loro stessi, dal momento che ci sostengono.

“Io salvo il pianeta perché sostengo Greenpeace”, ad esempio …

  1. Integra elementi visivi.

Usa modi creativi per ravvivare la tua storia e aiutare i donatori a mettere in relazione il tuo impatto. Raccogli e condividi foto di alta qualità delle tue attività e delle persone che servi, o screenshot di newsletter o articoli che evidenziano il tuo lavoro. Se li hai, aggiungi uno o due brevi video o un clip multimediale che presenta il tuo programma. Il fatto che i tuoi risultati stiano attirando l’attenzione dei media ha un impatto.

L’era delle infografiche non credo sia ancora terminata ….

     10. Rendi la tua proposta facile da seguire e da digerire.

Non si tratta solo di quello che dici, ma di come lo dici.

Usa quante più informazioni di cui hai bisogno e non oltre quello che è richiesto (le battute o le parole); anche meno, se non ti sono necessarie.

Sviluppa un tema principale, supportalo con alcuni messaggi chiave e definiscilo con dei sottotitoli, molto più semplici da seguire.

E non dimenticare di fare il controllo ortografico: non solo l’Accademia della Crusca te ne sarà grata, ma chi legge tende a ricordare gli errori prima che gli elementi corretti.

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