Il testamento all’animale: l’affaire Choupette

Pareva quasi spenta l’eco della scomparsa di Karl Lagerfeld e della consistente (pare) eredità dedicata a Choupette, quando ecco che è la micina stessa (sul suo Profilo Instagram) a celebrarne le esequie nel giorno della sua sepoltura, con tanto di veletta nera.

Naturalmente non voglio occuparmi di questo, non voglio cavalcare una notizia che sicuramente avrà un fondo di verità a partire dal legame dello stilista con l’animale, ma sicuramente la parte di “leggenda” giornalistica, anche qui, la fa da padrone insieme ad un sapiente uso dei titoli di giornale.

Quasi tutte le testate hanno titolato tipo: “L’eredità di Lagerfeld alla sua gatta”, trascurando ed omettendo che lo stilista dichiarò semplicemente tempo fa di aver stabilito, nel suo testamento, le modalità per poter dedicare attenzioni alla sua amata gatta anche post mortem.

Notizie come queste però mi aiutano – una volta di più – a chiarire alcuni dei meccanismi che sovrintendono alla scrittura del testamento e come certi comportamenti in vita si riflettano inevitabilmente nelle determinazioni che mettiamo nero su bianco quando decidiamo di scrivere le nostre ultime volontà.

Molto più chiaro sul tema è l’Indipendent che, pur nel dare notizia della curiosa ipotesi di eredità in questo articolo, chiarisce qualche utile elemento.

Secondo Debbie Ugbo, un membro esperto presso lo studio legale Slater and Gordon, non è raro che le persone facciano lasciti per gli animali domestici nei loro testamenti.

Ci sono però alcune regole e modalità in vigore in ogni singolo paese per quanto riguarda il modo in cui funziona.

Genericamente, un dono in contanti lasciato tramite testamento direttamente ad un animale domestico alla morte non ha valore, in quanto gli animali non possono possedere denaro o ricevere legalmente un’eredità.

Viceversa, è possibile prevedere e formalizzare che un esecutore testamentario (o un trustee in caso di costituzione di trust) possa comunque gestire e amministrare del denaro utilizzato per pagare le spese per l’assistenza, la manutenzione e altre spese dell’animale domestico.

In giro per il mondo ci sono studi legali specializzati nell’aiutare regolarmente i clienti a lasciare somme di denaro ai loro animali domestici per assicurarsi che siano adeguatamente curati dopo la loro morte.

Naturalmente l’obiettivo si raggiunge anche lasciando in eredità somme in denaro ad un amico, un parente o una persona fidata, con l’intesa che venga utilizzato per accudire il gatto, il cane o il canarino.

Per questo è necessario magari rivolgersi prima a una persona di cui ci si fida e con cui si è concordata prima questa modalità.

Tutto questo in tema di modalità e di regole.

Ma esistono anche le motivazioni più di carattere antropologico e comportamentale che spingono a scelte di questo tipo.

Non voglio dilungarmi sulle motivazioni, ma sono veramente tante le pagine scritte dai padri del fundraising internazionale (Sargeant in questo splendido articolo) in tema di legacy che chiariscono cosa spesso spinga le persone a lasciare il loro patrimonio anche a favore di animali o di chi li possa poi curare.

E del 2018 la recente ricerca dell’University of Plymouth attraverso la quale si è riconfermata per l’ennesima volta che le associazioni che si occupano di animali sono quelle che intercettano la maggior parte di risorse che derivano da disposizioni testamentarie.

In tutti i casi, nell’episodio di Lagerfeld, trovo ancora conferma del fatto che, animali o no, al momento della seria riflessione su dove orientare il proprio patrimonio dopo la morte, ognuno pensa a chi ha accanto.

Famigliari stretti, parenti un po’ più lontani, amici e anche le organizzazioni che abbiamo seguito o da vicino o da lontano ma nelle quali abbiamo creduto.

E spesso accanto, non c’è nessuno.

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