Un nemico invisibile e l’amico nascosto

Eccolo lì ……Quando la cronaca porta alla ribalta epidemie, virus e morti …. lui torna alla carica con le sue storie sui testamenti e sui lasciti !

Ve lo lascio pensare.

Ma se qualcuno vuole fare uno sforzo in più, vi racconto una breve storia e vi propongo qualche elemento utile su cui riflettere sulle vostre (e sulle mie) strategie di raccolta fondi.

L’arrivo del Coronavirus ha sconvolto anche l’Istituto Serafico dove lavoro (pazienti con disabilità grave e complessa).

In sintesi, tutto il management, medici e operatori impegnati a:

  • garantire l’applicazione dei decreti;
  • arginare accessi di genitori, fornitori e altri estranei all’attività
  • garantire la normale vita ed attività dei ragazzi
  • non spaventarli
  • adottare misure eccezionali per non esporsi al rischio di contagio

Anche il team di raccolta fondi si è da subito prodigato per stimare e valutare l’impatto sulla raccolta fondi (minori bollettini in posta, maggiore coinvolgimento sull’online, promozione di strumenti di donazione “da remoto”, racconto della quotidianità straordinaria, ecc…)

Ebbene in questo marasma tre belle notizie: 3 lasciti da testamento.

Due formalizzazioni da parte di notai che ci informano di una paio di legati significativi (lo sono tutti!) e una email di una signora napoletana che, nel raccontarci di essere rimasta da poco vedova, ci esprime il desiderio di fare testamento anche per noi, per onorare la memoria del marito col quale da tempo sosteneva il nostro Istituto.

Provvidenza? Non lo so; anche.

Ma soprattutto l’aver garantito a questo strumento una diffusione sui nostri contatti e in generale sulla nostra comunicazione diffusiva.

Perché è indubitabile che poter lavorare sui lasciti e incentivarli consente, nel tempo, prerogative che altri strumenti di raccolta non permettono e non hanno.

Provo ad elencare alcune di queste prerogative:

  1. I lasciti sono lo strumento di raccolta più “cost effective” rispetto agli altri; hanno un onere di diffusione e di promozione irrisorio rispetto al beneficio economico che generano. Non solo talvolta, sempre.
  2. I lasciti hanno sempre un peso significativo sotto diversi profili:
    • anche una piccola percentuale di un patrimonio, più o meno ingente, è sempre di grande impatto sull’attività dell’ente.
    • La somma dei lasciti raccolti nell’arco di un anno sono in grado di fornire somme che consentono di assorbire contraccolpi eccezionali che l’organizzazione potrebbe subire da eventi particolari (come l’epidemia di Coronavirus).
  3. I lasciti e in generale fare testamento (con lasciti precisi) sono il miglior modo per:
    • Tutelare la famiglia in prima battuta e i propri interessi, gratificando eventualmente anche le organizzazioni seguite durante la vita;
    • Assicurare il nostro contributo costante (anche quando non ci saremo più) per quelle attività che abbiamo seguito e sostenuto e ci hanno coinvolto in prima persona;
  4. Fare testamento è un atto molto personale e quasi “intimo” direi; nulla come questo strumento di raccolta calza in maniera così precisa con la nostra volontà e con il nostro desiderio di essere anche di aiuto a qualcuno, addirittura quando non ci saremo più.

Ecco anche alcuni elementi da mettere in campo per svilupparli:

  1. Rendere i lasciti rilevanti: raccontando storie vere di chi lo ha già fatto, che tipo di impatto hanno generato, quanti ne abbiamo ricevuti e per fare che cosa, rendendo queste storie comuni e “necessarie” per la continuità della nostra opera;
  2. Renderli molto personali, legandoli ove possibile a nostre stesse storie oppure a persone riconoscibili attorno a noi o attorno alla nostra organizzazione, anche citando magari storie di colleghi o di altre organizzazioni. Nell’ambito del legacy fundraising infatti non credo si possa parlare di concorrenza visto che l’ampio numero degli italiani che ancora NON fa testamento, lascia spazio per tutti.
  3. Rendere i lasciti popolari, citando le tante campagne nazionali ed internazionali che si stanno sviluppando e il grande numero di organizzazioni (anche medio piccole) che si stanno attrezzando professionalmente per cominciare a parlarne coi loro contatti.
  4. Fare dei lasciti una delle opzioni di donazione; sono ancora molte le organizzazioni che, nell’elencare strumenti di raccolta, non considerano il testamento e la possibilità del lascito (porta male, non ne abbiamo mai ricevuti, noi siamo piccoli, ecc….)
  5. Ma soprattutto rendere SEMPLICI i lasciti: facciamo di tutto per rendere immediate le donazioni con altri strumenti. Il pulsante DONA ORA bello grande e poco testo con foto nelle DEM; la busta nel DM con messaggi utili a scavalcarne l’ostacolo e tanti altri esempi per agevolare questo tragitto verso la donazione.

Con i lasciti no: riempiamo da sempre brochure e minisiti dedicati al testamento quasi esclusivamente con risposte a domande problematiche o problematizzanti:

  • Come faccio a fare testamento?
  • E’ possibile modificarlo se cambio idea?
  • Devo andare per forza dal notaio e quanto mi costa??
  • Se lo scrivo io che forma devo utilizzare?
  • Come programmo cosa dare e a chi?
  • Che differenza c’è tra eredità e legato?
  • Quali sono le agevolazioni fiscali?
  • In che modo mi regolo per i mei famigliari?

Giusto qualche giorno fa, Richard Radcliffe, storico collega impegnato sul fronte (mai parola fu più corretta) dei lasciti ha condotto sul suo blog (qui il link) una riflessione sulla necessità di semplificazione dei lasciti; non solo nella testa del donatore, ma a partire dalla cultura delle organizzazioni.

Si sa che io sono di parte, ma mi auguro e farò in modo che le straordinarie raccolte fondi avviate in questi giorni possano avere la più grande diffusione e coinvolgimento possibile. Non posso però non sollecitare una riflessione verso la promozione dei lasciti testamentari ANCHE come strumento per fare fronte alle emergenze.

Mi spiego: il lascito ovviamente non può essere sollecitato per fare fronte ai bisogni urgenti di questi giorni. Avere però una strategia e una pianificazione della promozione dei lasciti, consentirebbe nel medio lungo periodo di costituire una “riserva” di sostenibilità adatta a compensare anche eventuali emergenze come quelle di questi giorni.

Condivido il monito di Melandri (qui su Vita) volto a non cancellare le raccolte fondi in un momento come questo; mi permetto di aggiungere di imparare a guardare un po’ più in là proprio a partire da questi momenti in cui, considerare strumenti di raccolta con un raggio di azione nel medio/lungo periodo, avrebbe assolutamente senso e prospettiva.

La maggior parte delle organizzazioni internazionali che si occupano specificamente della gestione di situazioni emergenziali, adottano il legacy fundraising come strumento fondamentale per dotarsi di macchinari, strutture, personale e formazione adatta a gestirle nel momento del loro imprevedibile avvento. Cominciamo seriamente a pensarci.

Questi giorni drammatici temo ci faranno molto riflettere sulla complessità di certe scelte e dell’impossibilità di farle tutte tempestive, precise e giuste. Anche nell’ambito del nostro fundraising più o meno immediato.

Quando poi avremo superato il Coronavirus, ricordiamoci di quanto siamo complessi e articolati quando le questioni toccano direttamente la nostra persona, esattamente come il testamento, ma approdano prima o poi anche a chi sta accanto a noi, esattamente come il testamento.

Ci si vede là fuori.

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