Pensavo – con il mio precedente post – di aver raggiunto (finalmente) il fondo dell’abisso dentro al quale stanno lentamente sprofondando le ONP e, con loro, la sostenibilità delle loro attività. Non immaginavo che, da lì a poche ore, prendessero forma le reali conseguenze delle misure contenute nel ddl stabilità 2013 (qui), gravi non solo per tutto il mondo del nonprofit, ma anche per quella platea di cittadini che da anni ha voluto sostenerlo o che vorrebbe farlo.
Mai come ora è necessario un motus animi del settore, guidato e capeggiato dai Presidenti e dai Board delle Associazioni, grandi o piccole che siano. Siamo da mesi abituati a vedere scendere in piazza chiunque; probabilmente lo scendere in piazza non è lo strumento giusto, ma so per certo che metaforicamente è utile per spronare a fare sentire la propria presenza.
Basterebbe poco, magari un paio di paginette ben scritte in cui sintetizzare e descrivere la triste posizione di quella sussidiarietà tanto decantata e poco tutelata e un garbato invio a qualche sottosegretario coinvolto. Acuti professionisti hanno già fatto qualche conto (qui), ora basterebbe confrontarli con le istituzioni (il famoso governo tecnico!) con l’autorevolezza e la responsabilità di chi è chiamato a governare una organizzazione e quindi – immagino – desidera capire quale futuro gli si prospetta nella sostenibilità delle proprie attività cui, per statuto, non può rinunciare.
Spesso leggo sulla professionalizzazione del non profit e sono io stesso a promuoverla; l’offerta di corsi, seminari e “master” sul terzo settore è ricca e variegata, così come gli strumenti editoriali e virtuali che ne fanno da supporto e corollario. In misura direttamente proporzionale mi piacerebbe leggere le reazioni dei Presidenti e dei Board delle organizzazioni che – paradossalmente – dovrebbero essere i veri “padroni” di quelle competenze che dovrebbero scatenare qualche iniziativa concreta e più approfondita di un banale comunicato stampa “associativo”.
Nulla.
Giusto per chiamare le cose con il loro nome, mi riferisco al Forum del Terzo Settore.
Faccio fatica a credere che, scorrendo il lungo elenco dei soci e immaginando dietro alle poltrone di presidenze e/o direzioni almeno altrettante persone, tutti si siano immediatamente riconosciuti nell’unica iniziativa di un comunicato stampa. Nessuno ha veramente intravisto una schietta possibilità di una forte reazione se non altro all’ultima provocazione del ddl stabilità?
Non voglio avventurarmi nel misurare la consapevolezza di nessuno nel rappresentare un’associazione; mi riferisco invece al ruolo e all’influenza che una presidenza attenta e responsabile ha sulla vita e sulla gestione di un’organizzazione, inserita tra l’altro in un tessuto del tutto particolare (l’Italia).
Il Forum è solo un esempio. Il tema è comunque il coinvolgimento del livello gestionale “alto” delle nostre organizzazioni.
Sarebbe altrettanto interessante analizzare il rovescio della medaglia: qual è il destino di una organizzazione gestita da una presidenza che prescinde o latita dal mondo che la circonda?
Siamo tutti – volontari, fundraiser, dialogatori, infermieri, espatriati, pazienti, attivisti, stackeholder, tutti – già attenti a galleggiare nelle difficoltà, a destreggiarci tra i distinguo, ad accusare i governi, le tasse, il tempo, le mode, l’Agenzia delle Entrate, le banche, la Rai.
La nostra arte della guerra e del combattere si esplicita quasi sempre nella lamentela e nello scappare dalla nave che affonda, salvo aggrapparci agli scalmi per riconquistarci un posticino a bordo se, negli ultimi giorni, il quotidiano grafico della crisi, che ora punta drammaticamente verso il basso, ricevesse un nuovo impulso positivo.
Mai come oggi ci vuole. Saliamo sulle scrivanie, sui letti, sulle sedie, sulle panchine, sui tavoli delle tante riunioni e diciamolo, per tutti quelli (tanti) che dipendono in qualche modo dai servizi che eroghiamo.
Fai qualcosa “O capitano, mio capitano”!
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