La primavera e il fundraising, nonostante.

Saluto anche io, nemmeno troppo simbolicamente, la primavera, rispolverando il mio caro blog, la mia valvola di sfogo dai tanti affanni della quotidianità del mio lavoro da fundraiser sempre troppo solo.

Non era tanto un letargo quanto il vero affastellarsi dei tanti impegni che la fine dell’anno e l’inizio di quello nuovo portano con se – in termini di strategie di raccolta – con i loro perenni mailing natalizi, chiusure di fine anno, avvio dei nuovi budget, 5xmille, ecc.. ecc … Ma come sempre la primavera si affaccia sul rilancio delle nostre attività, sulla ventata di novità e su quanto di meglio si propone al nostro aggiornamento professionale e al confronto con i tanti e bravi colleghi.

Parlo del Festival del Fundraising naturalmente, che nella sua nuova edizione porta con sé anche la novità della location, con tutte le trepidanti aspettative che vedremo se e come saranno assecondate. Di certo le novità e gli spunti di interesse non mancano, ma non sarò io a sottolinearli vista la mole di lavoro e di promozione che tutto lo staff porta egregiamente avanti: mi incuriosisce di più – come sempre – leggere tra le righe e nei meandri dei titoli, delle tematiche, delle strategie proposte e delle tendenze, a partire dalle Masterclass.

Non starò a dilungarmi sull’autorevolezza dei relatori (presenti esclusi) quanto sul sottile fil rouge che lega le diverse tematiche proposte nelle giornate iniziali di approfondimento: il “nonostante”.

Proverò magari a scendere nel dettaglio in qualche post successivo, ma intanto volevo fare notare come la costante di queste relazioni sia quella del superare – anche qui – l’enpasse della tanto decantata CRISI. Pare che questa benedetta crisi non sia più materia per economisti, ma anche per fundraiser. L’Italia, come da più parti si sostiene, affonda perché non sa più desiderare. In realtà molti di noi hanno ancora dei sogni e dei desideri. E anche molti di loro: i donatori. Quello che manca è l’ossigeno per raccontarli, persino all’interno della propria organizzazione.

Il futuro non è un’opportunità e nemmeno una minaccia.
Semplicemente non esiste. Il futuro è diventata soltanto la rata mensile da pagare o, per noi, il budget da rispettare una volta tagliato. Nessuno ha la forza di guardare oltre e si vive in un presente perenne e sfocato, vinti dalla paura di non farcela.

Se passate in rassegna le tematiche sottese dalle diverse Masterclass, noterete che sono tutte strategie, riflessioni, esempi, modelli che bypassano la spesa fine a sé stessa o che rincorre lo strumento “di grido”, per approdare a strategie più legate alla relazione, al coinvolgimento a prescindere dal soldo, alla globalità dell’approccio al donatore. Anzi, alla dismissione della spesa per la predilezione dell’investimento.

Bill Toliver e Daniele Fusi (La nuova frontiera della comunicazione per il fundraising) ad esempio, con il loro pacato ma fermo stile e con la volontà di sanare qualche disagio del nostro mondo, propongono un nuovo modello di comunicazione sociale e di marketing, coniugato alla voce del verbo fund raise. 

Io e Richard Radcliffe (Per non morire di lasciti: tecniche e strumenti avanzati di legacy fundraising) proveremo non più a delineare modelli per promuovere i lasciti, ma entreremo un po’ più nel dettaglio delle emozioni e dei sentimenti che accompagnano le persone davanti ai nostri tavoli a parlare (finalmente) del futuro dei loro beni, trovando strumenti e linguaggi che possano assecondare non più la volontà di legarsi solo all’”oggi” ma prospettare un “domani” più solido per altri e – per giunta – meno fortunati.

Valerio Melandri e Mauro Picciaiola (Fundraising per NON fundraiser) spogliano il fundraising da tutte le sue sovrastrutture e lo riportano alla radice della sua essenza, tentando di far comprendere come sia importante la natura e l’impronta di questo lavoro, più che gli strumenti di cui ogni tanto si attrezza.

Insomma, così come sulle rovine della guerra, l’inconscio dei nonni riusciva a progettare il benessere e così come loro videro tanto vicina la morte da immaginare la vita, oggi noi proviamo non solo a ripartire dalle persone, ma lo facciamo anche con qualche spinta su valori un po’ più profondi e qualche stimolo alla relazione vera.

Parleremo ancora delle altre Masterclass e di come, volendo puntare a un fundraising professionalmente “alto”, sia necessario darsi una disciplina esistenziale, un metodo certo, fissare dei traguardi e poi mettersi in cammino senza vittimismi, perché i «se» sono la patente dei falliti, mentre nella vita si diventa grandi solo «nonostante».

Intanto pensateci.

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