Usare il cervello: non è difficile .. anche per scrivere

Quando mi vedo costretto a scrivere in conseguenza di articoli di giornali/riviste o web, o meglio, costretto a precisare, puntualizzare, contraddire o negare cose che ritrovo scritte, penso (erroneamente) che possa finalmente essere l’ultima volta. Soprattutto se l’argomento tocca il mondo del nonprofit, il fundraising o – peggio – la raccolta fondi attuata attraverso i lasciti.

Mi rendo conto di coltivare l’assurda convinzione che ormai tutti abbiano capito che lavoriamo duro, professionalmente attrezzati e soprattutto con la profonda convinzione di fare del bene alla fine delle nostre giornate e con l’applicazione delle nostre rigorose e macchinose strategie.

No, non è così.

Capita quindi che leggo l’articolo del Venerdì (17 marzo 2017: Vendere polli usando il cervello) che tratta del curioso, complesso e innovativo tema del neuromarketing del quale, nel tempo, con autorevolezza e scrivendoci pure un libro (Emotionraising), si è occupato il collega Francesco Ambrogetti Direttore del fundraising di Unicef Italia.

Mi pare (pronto però ad essere contraddetto) che tutto l’articolo già sottenda – nei suoi toni – un giudizio tutto sommato negativo rispetto a queste strategie che sovrintendono alle scelte di business e di promozione di aziende leader dei loro rispettivi mercati.

Ma mi limito ad analizzare il paragrafo in cui parla proprio dell’ strumento del testamento e del lavoro del collega.

Provo a restare aderente al testo:

    • “ … ha convinto decine di migliaia di persone a fare testamento …”: se riuscissimo a CONVINCERE le persone con uno spot televisivo (ancorchè perfetto), tutti investiremmo lì. Ma sulle decine di migliaia di persone invito la giornalista prima a rivedere i fondamenti della matematica, poi a consultare le statistiche degli italiani che, oltre a fare testamento, destinano una porzione del loro patrimonio al mondo del nonprofit e poi a immaginare quale percentuale si possa ritagliare Unicef …. Attendo riscontro.
    • Tanti anziani, tanti soldi un grande potenziale” è un’affermazione totalmente avulsa da un contesto nel quale autorevoli ricerche recenti (Quaderno 23 di Fondazione Cariplo) hanno dimostrato la presenza di un ingente patrimonio nelle mani di italiani senza eredi che – in mancanza di testamento – finirà allo STATO!
  • Con la solita sottile (mal riposta) ironia che attraversa tutto l’articolo, il collega Ambrogetti viene definito serafico, aggettivo al quale sono molto legato ma che nel suo significato profondo e nella simbologia che lo accompagna identifica chi è portatore di intensità, di amore o di carità, atteggiato a serena imperturbabilità, o a gioviale e ridente tranquillità. Serafico era il buon San Francesco … non chi, seduto sulla riva del fiume, sembra attendere il passaggio dei cadaveri vittime del proprio spot televisivo …
  • La professione di Fundraiser è tradotta con procacciatore di fondi: più che una mera traduzione, la parola meriterebbe la dignità di un professione, laddove è ormai noto e diffuso che sia la qualifica del professionista che organizza, guida, verifica e promuove la raccolta di risorse (non solo economiche) per fare meglio funzionare e raggiungere gli obiettivi della propria organizzazione nonprofit.
  • E poi una lunga disamina e interpretazione di come lo spot (Un giorno qualcuno parlerà di te) sia stato costruito, scelto, orientato per raggiungere un indifeso target di vecchietti e vecchiette che non aspettava altro che sentire in tv come organizzare i propri beni quando saranno defunti. Mah

Non dirò qui, come al solito e come tanti altri, quanta strada ci sia ancora da fare per far comprendere:

  • come lavora il nonprofit;
  • a cosa serve il fundraising;
  • quanto studio e professionalità ci siano dietro a queste strategie;
  • come siano rilevanti prima le relazioni piuttosto che il denaro;
  • quanto pesi il mercato dei lasciti e come sia difficile raccoglierli in un contesto culturale, sociale, religioso come quello italiano;
  • e tutto il lungo solito cahier de doléances;

Mi permetto invece di sorridere:

  • leggendo un articolo così approssimativo e fuorviante
  • pensando al bell’esempio dello spot Unicef (vedetelo qui)
  • pensando agli investimenti che finalmente qualcuno ha capito di indirizzare verso questo strumento
  • vedendo quanto si cominci a parlare diffusamente di testamento
  • leggendo quanto siano in crescita le percentuali degli italiani che hanno capito l’importanza di organizzare il proprio piccolo o grande patrimonio anche per quando non ci saranno più

Sorrido anche perché, quando la “giornalista” sarà – prima o poi – sfiorata dal pensiero di dover lasciare questa terra (tocca a tutti), lo spot se lo ricorderà.

Eccome.

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