Stand up?

Mi riaffaccio al mio Blog dopo un periodo di latitanza cui hanno contribuito (non poco) gli affanni della professione (si si lo è); ma l’impulso ormai è di quelli giusti.

Da prima dell’estate (anzi da un paio d’anni a questa parte) ho la testa strapiena dei troppi spunti per non reagire (stand up!) e cercare di capire quali spazi occupare per ridare dignità al nostro settore (il Terzo) e alla nostra professione (i fundraiser).

Li ricordiamo ciclicamente tra di noi, ma provo soltanto a metterne in fila alcuni come programma dei buoni propositi, (per me in primis e per chi ci vorrà stare) per farne un sintetico indice di quelli che mi piacerebbe fossero i temi cha andrò via via affrontando nei miei prossimi post (spero più tempestivi, fundraising permettendo) e per calendarizzarli in una ipotetica agenda condivisa, arricchita con qualche elemento più concretamente pratico.

Il ruolo dei vertici delle ONP e il ruolo dei board nella promozione dei servizi e delle attività che svolgiamo e nel farsi portavoce delle istanze del settore; il pressapochismo nell’interpretazione delle dinamiche del Nonprofit e delle sue caratteristiche fondamentali (l’ignoranza su cui ha buon gioco Unomattina); il ruolo e la dignità della professione del fundraiser; la totale assenza delle istituzioni nel fornire se non soluzioni, almeno risposte; la costante depauperazione e depotenziamento del settore (le tariffe postali, il taglio dei fondi alla cooperazione, il tacito taglio del 5xmille, ecc); la ciclica diatriba sui costi generali che sottraggono risorse ai nostri progetti; il tiro al piccione sul face to face e tanto tanto altro.

Anche però tutte quelle (forti) tematiche per le quali tendenzialmente noi stessi mettiamo la testa nella più profonda sabbia: la trasparenza economica delle nostre istituzioni; le speculazioni sulle retribuzioni e professionalità dei fundraiser e la pratica a percentuale; la totale assenza dai tavoli che contano (o se non contano almeno poter dire a voce alta la nostra senza il rischio di sentire una lunga eco); la nostra straordinaria capacità di sfornare e coltivare ricerche senza premurarci di verificarne il rigore; iniziative e operazioni rivolte spesso a conseguire un risultato economico piuttosto che a coltivare rapporti o incrementare consapevolezze e tanto tanto altro.

Si è vero sono tante le provocazioni, ma a livello di sensazione – se non di istinto – mi pare arrivato il momento per reagire. Come ? Non lo so, ma tenterò di focalizzarlo nel più breve tempo possibile o se non altro di provare, anche con il contributo di chi ha la pazienza di leggermi, a mettere in pratica qualche buon proposito.

Chiudo il post (tutto sommato noioso e proclamatorio) con un aneddoto che – analizzato quasi parola per parola – la dice abbastanza lunga su pregiudizi e sovrastrutture di cui il Nonprofit difficilmente si libererà, salvo forti sconti sulle nostre inerzie.

In risposta ad una email rivolta ad una multinazionale del retail (abbigliamento), ad un interlocutore preciso e mirato, per tentare di ottenere ESCLUSIVAMENTE un colloquio conoscitivo (senza quindi richiesta di nulla), ricevo la seguente risposta:

Gentile Dottore
ho ricevuto la sua mail come persona incaricata di valutare e gestire le richieste di contributo. 
(mai chiesto contributi con una email ad aziende, ma evidentemente chi ricopre un ruolo CSR o affine ha una persona che riceve e gestisce queste richieste)
E’ sempre bello sapere che oggigiorno ci siano persone che  impegnano tempo e forze per il prossimo. (devo scoprire da quale film hanno tratto questa citazione)
La presente per informarla che l’azienda non potrà contribuire alla sua richiesta perchè ogni anno è già impegnata in ambito sociale tramite altre associazioni. 
(qui si torna al tono formale, abbandonando l’imaginario cinematografico: a) io ho chiesto di essere ricevuto e non è possibile non contribuire a tale richiesta; o dici si o dici no o dici forse; b) per impegnarvi nel sociale lo fate tramite “associazioni”? Perché? Quali ? Individuate come? Impegnate a fare che cosa?)
La ringraziamo per aver pensato alla nostra azienda come possibile partner. (Ho chiesto un appuntamentooooo !!!! Figuriamoci se scelgo un partner per email ! e per fare cosa?)
Le auguriamo comunque di raggiungere l’obiettivo. 
(ma quale obiettivo? Volevo venirvi solo a conoscere e spiegarvi cosa facciamo noi ! detto così e in questo contesto la prendo come una gufata!)
Cordiali saluti

E’ vera, se passate da me ve la mostro. Se avete altri pittoreschi esempi cominciamo a condividerli, ma soprattutto cominciamo anche noi a confezionare le giuste risposte a queste risposte e ad alzare – noi per primi – il livello dell’interlocuzione.

Sono certo che a fine anno qualche editore ce le pubblica e ci paghiamo qualche progettino.

Sul resto ne riparliamo?

 

Share

3 Comments

  1. Massimo Coen Cagli Reply

    L’aneddoto è splendido. Chiedo l’autorizzazione ad usarlo nelle mie lezioni!!!!!!
    Noi giustamente dobbiamo imparare a chiedere alle aziende. Ma sarebbe ottimo se le aziende imparassero a rispondere a noi. In tutti i sensi! E comunque ritieniti fortunato: il tuo interlocutore ti ha risposto, e non è poco.

  2. Barbara C. Reply

    Almeno hanno risposto, anche se con un insieme di e-mail standard, c’è chi cestina la tua richiesta senza degnarsi di rispondere…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *