Le misure contano.

Sono frequenti ormai incontri, dibattiti, eventi formativi ed informativi e le pubblicazioni del settore in cui si tenta di dibattere sulla valutazione dell’impatto sociale. L’occasione di segnalare un’altra interessante Masterclass del Festival del Fundraising 2014 (Beyond the basics) diventa ghiotta anche per ricordare che la rigorosa misurazione della performance sembra essere diventata il Santo Graal anche del settore sociale. E’ sicuramente un nobile obiettivo che potrebbe consentire una rilettura della propria mission e di come le risorse vengono impegnate per poterla raggiungere, un percorso ricco di ipotetici indicatori e di pochissimi dati certi che si sta facendo bene il bene. Molto spesso tutto si riduce ad una specie di farsa nella quale il nonprofit finge di misurare l’impatto e i finanziatori fanno finta di crederci.

La riflessione che Adrian White Slagle e Benedetta Spinola provano a scatenare con questa Masterclass, nasce dal fatto che quando le organizzazioni tentano di misurare le prestazioni, tendono a evidenziare esclusivamente metriche che dimostrano quanto sia indaffarato il loro personale (il numero di attività erogate, il numero di persone raggiunte o curate, e così via), e danno poca rilevanza alle metriche che indicano se i loro programmi stiano effettivamente migliorando la vita delle persone. In generale, vi è la tendenza ad ignorare la saggezza del detto di Einstein: ” Non tutto ciò che conta può essere contato e non tutto ciò che può essere contato, conta.”

In un settore sociale magmatico e che manca di un meccanismo di mercato utile a separare la polpa dell’intervento efficace dalla buccia delle semplici buone intenzioni, la misurazione delle performance è essenziale.

Provo anche io ad offrire tre semplici spunti di riflessione da cui partire e da approfondire magari durante la Masterclass dei colleghi:

Essere visionari

Già un lungo e forte dibattito si era acceso all’indomani della provocazioni lanciate da Valerio Melandri con il suo Libertà di Fundraising e dopo il Ted Talk di Dan Pallotta nel 2013 e l’uscita del suo libro Uncharitable. Normalmente i manager del nonprofit dichiarano di non avere la disponibilità per investire, soprattutto nelle valutazioni e misurazioni di impatto, dal momento che le risorse sono orientate solo ed esclusivamente alle attività e ai progetti per i beneficiari. Una più corretta interpretazione porta a credere che se una organizzazione non è in grado di sostenere un’ analisi della valutazione di impatto, probabilmente non è pronta a fare il salto di qualità in maniera significativa; perchè qualcuno a questo punto dovrebbe voler sostenere e finanziare le attività di questa organizzazione?

Essere rigorosi

Delineare un modello logico che mostri una chiara connessione tra le strategie e gli strumenti utilizzati e il risultato desiderato, riconoscere che l’analisi dei costi e dei benefici è alla base di ogni metodologia di misurazione valida, sfruttare la lezione di vedere lavorare insieme diversi strumenti l’uno a rafforzare le potenzialità dell’altro, sono solo alcuni degli elementi fondamentali che la Masterclass proporrà per costruire un modello rigoroso che possa massimizzare i risultati della nostra politica di raccolta, senza la illusoria velleità di seguire semplicemente una “moda” o la novità del momento.

I medici mi hanno insegnato che in sanità funzionano al meglio i cosiddetti Studi randomizzati e controllati che sono il vertice più alto delle metodologie di valutazione. Sottoporre alcuni pazienti scelti a caso (random) a particolari terapie innovative, leggere i risultati della loro evoluzione e il confronto con pazienti che non sono stati sottoposti a questi nuovi trattamenti (il controfattuale), consente una lettura chiara che dimostra anche cosa succede in assenza di un intervento. Eppure molti leader del nonprofit sono riluttanti ad abbracciare valutazioni di questo tipo: primo perchè lo ritengono costoso e in secondo luogo perchè possono evidenziare istanze di fallimento che non è bene esporre al pubblico dominio.

Oltre a consentire miglioramenti nella strategia dei programmi, questo tipo di valutazioni e di analisi possono portare grandi benefici dentro ad una organizzazione, tanto da instillare una mentalità di misurazione e di autovalutazione che contribuisce a fare crescere culturalmente tutti gli attori impegnati nelle diverse attività.

Essere strategici

Una valutazione efficace consente a un’ organizzazione di esercitare la propria influenza in tutto il settore nonprofit e generare lo slancio per un particolare tipo di intervento. Se i dati dimostrano il successo o vengono messe in evidenza le sfide vinte, è più che mai opportuno condividere le lezioni apprese direttamente con i nostri sostenitori, con i nostri finanziatori e con i partner.

Poiché lo scopo principale di questi processi valutativi è quello di consentire alle organizzazioni di intraprendere azioni maggiormente produttive, gli obiettivi e le metriche che definiscono e misurano le azioni devono catturare gli elementi più importanti e permettere di essere monitorati e misurati correttamente. Per definizione le metriche dovrebbero essere chiare, precise e quantitative quando possibile.

Fortunatamente ormai tutti gli strumenti di raccolta fondi, così come una vasta gamma dei programmi sociali più comuni come l’istruzione, i servizi sanitari, le terapie applicate e la adozione a distanza, per citarne alcuni, sono relativamente semplici nella loro misurazione utilizzando metriche precise ed obiettive.

Ciò detto, è inevitabile che alcuni processi di pianificazione e di valutazione strategica possano generare metriche che sembreranno superficiali e non particolarmente significative rispetto a determinati risultati. Ma le organizzazioni non possono abbandonare del tutto la ricerca di metriche affidabili, semplicemente perché la sfida di raccogliere denaro per la loro causa e produrre di conseguenza attività e programmi efficaci, è estremamente ardua in un contesto come quello attuale.

Ben venga dunque una Masterclass con queste tematiche che ci proietti in avanti a partire da concrete esperienze di valutazione e di pianificazione, concetti lontani da chi non voglia investire sul futuro della organizzazione e del bene comune che tenta di produrre.

2 Comments

  1. Simona Biancu Reply

    Riflessioni molto interessanti, Stefano! Io parteciperò a questa Masterclass proprio perché la valutazione degli impatti è un tema con cui spesso mi misuro ma sul quale un confronto è quantomai necessario, soprattutto – come scrivi – in un contesto in cui l’investimento su questo tipo di analisi è considerato secondario o, comunque, come qualcosa di staccato rispetto al progetto (e torniamo alla solita questione su cosa si intenda per costi inerenti il progetto).
    Grazie per la condivisione e, soprattutto, congratulazioni per l’IFA!
    Simona

    1. Stefano Malfatti Post author Reply

      Grazie Simona per il tuo feedback.
      Sono certo che l’attenzione dei fundraiser è tanto alta quanto la volontà di mantenere elevato il loro livello di professionalizzazione anche nei discorsi che coinvolgono le metriche da utilizzare.
      Bello sarebbe che – insieme a chi come te ne ha catturato l’importanza – si attivino anche coloro che partecipano dei board delle organizzazioni.
      Lo ripeto spesso, ma ne sono sempre molto convinto – che la consapevolezza su queste argomentazioni non si potrà alzare se non passando anche attraverso i responsabili delle ONP.
      Per l’IFA grazie a chi mi ha sostenuto !

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