La polvere sotto al tappeto: i costi generali

Parte come sempre dagli USA per soffiare venti di battaglia verso i mercati europei della raccolta fondi, il vecchio dibattito sulla percentuale delle spese generali delle organizzazioni nonprofit.

I tre più grandi gruppi che pubblicano informazioni su enti di beneficenza hanno iniziato una vasta campagna per convincere i donatori a guardare oltre le spese generali nel momento in cui prendono in considerazione e valutano quali organizzazioni sostenere e dove rivolgere il loro interesse.

La percentuale delle spese amministrative e di raccolta fondi – comunemente denominati negli USA come ‘overhead’ – è una misura estremamente riduttiva delle performance e dell’impatto che una organizzazione offre alla socialità. Lo dichiara chiaramente una “lettera aperta ai donatori” redatta dal GuideStar, la BBB Wise Giving Alliance e Charity Navigator.

La campagna comprende lo sviluppo di un sito Web, social media e un documento che i sostenitori possono sottoscrivere per tentare di arginare il mito dell’ “overhead” ovvero dei costi di struttura.

Troppe volte, nei dibattiti di casa nostra, ho visto e sentito affrontare questa tematica come una di quelle piú vincolanti per la valutazione di quanto una organizzazione tenta di fare sul campo: da subito anche in Italia e in Europa ritengo necessario cominciare ad alzare anche noi un po’ la voce su questo falso indicatore e rispolverare tutte le teorie e le prassi che prediligono la valutazione dell’impatto piuttosto che l’analisi e il dettaglio degli stipendi e delle bollette di luce e telefono pagate da una ONP.

Le tre organizzazioni stanno cercando di condividere uno sforzo da parte di un numero crescente di enti e di esperti del mondo Nonprofit per segnalare che giornalisti, fondazioni, governi e singoli donatori pongono costantemente troppa enfasi su quanto si spende direttamente sui programmi, scoraggiando quindi le organizzazioni a investire concretamente in aree critiche e fondamentali come la formazione, la valutazione, i sistemi e l’organizzazione interna.

La lettera evidenzia l’importanza di prestare attenzione ad altri fattori di performance delle organizzazioni Nonprofit : la trasparenza, la governance, la leadership e la corretta valutazione di impatto e dei risultati.

Prediligere il focus sui risultati, potrebbe essere un ottimo esercizio di cui noi stessi fundraiser potremmo farci promotori e – ad ogni occasione disponibile (pubblica, formativa, incontri, colloqui, ecc …) cominciare una lenta ma inesorabile operazione di carattere “culturale”, in modo – anche noi – da cominciare a cambiare la letteratura della raccolta fondi a partire dal suo “alfabeto”, l’impatto appunto, cosa effettivamente si fa per la nostra mission vera e propria.

Con ASSIF e soprattutto con un prossimo lavoro condotto a partire dal gruppo terriotriale Lombardia tenteremo non solo di raccogliere ogni indicazione possibile sulle ONP dove i Fundraiser quotidianemtne spendono le loro energie, ma anche di farcelo raccontare in modo creativo !

Sembra passata ormai la stagione in cui – richiesti di snocciolare qualche dato sulla nostra ONP, anche noi ci nascondevamo dietro le noiose pagine del Bilancio Sociale. anche perchè sono sempre stato convinto (magari sbagliando) che l’”onere” della redazione del bilancio sociale propriamente detto, spetti a chi in qualche modo deve dimostrare che ha un impatto sulla società, non ha chi la cura del sociale lo ha chiarmente già scritta nel suo Statuto e nell sua Mission.

Sono curioso di vedere quali saranno le reazioni, quali le novità e quali le “zone d’ombra”, ma soprattutto non vedo l’ora di vedere i nuovi spazi di creatività con cui poter finalmente promuovere il proprio impatto e non costringersi più all’aritmetica della bontà o a trattare le spese generali come la polvere sotto al tappeto.

Come sempre aspetto anche la vostra opinione ….

 

One Comment

  1. Simona Biancu Reply

    Caro Stefano, ho letto con molto interesse il tuo post, anche perchè il tema è, come dire, sensibile.

    Concordo con tutto quanto scrivi sulla necessità di valutare gli impatti piuttosto che sulla mera analisi quantitativa di dati singoli che, nel nonprofit ma la considerazione vale in generale, raccontano ben poco del reale impatto di una organizzazione sul contesto.
    Avevo letto dell’indagine negli Stati Uniti e sto seguendo anch’io l’argomento, sul quale il tema della disseminazione di un approccio culturale fondato sulla capacità di essere motori di cambiamento mi sembra un dovere in primis per chi con il fundraising ci lavora.

    Mi interessa parecchio il lavoro che state facendo con il gruppo ASSIF – Lombardia al quale – pur da non lombarda – non mi spiacerebbe poter collaborare…se occorre, dunque, consideratemi a disposizione! E’ un tema su cui – da consulente – ho l’opportunità di confrontarmi con organizzazioni diverse, ed è molto sentito anche da chi, fino a ieri, scriveva sulla propria carta intestata la percentuale di fondi destinata ai progetti e quella (di solito pari a uno zero virgola qualcosa) destinata alle spese generali: rispetto a qualche anno fa le cose sono cambiate, ma il percorso è lungo e, prima di pretendere che possano farlo altri, occorre che siamo noi a promuovere un approccio differente.

    Grazie per le tue riflessioni!

    Simona

Rispondi a Simona Biancu Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *