La percentuale dei NO !

[vc_row][vc_column][vc_column_text]Parte oggi 25 aprile (sarà un caso?) la Campagna di ASSIF che dice NO al lavoro a percentuale per chi si è lanciato nel mondo del fundraising.

Ho letto volentieri le pagine di Facebook e i Blog ( quello di Elena Zanella e quello di Raffaele Picilli tra i primi) dai quali viene rilanciata l’immagine della campagna con questo enorme e simbolico ZERO.

Da un po’ ne parliamo e ne dibattiamo tra di noi e, ciclicamente,  c’è sempre qualcuno (tra i giovani fundraiser soprattutto) che torna a domandarsi come mai si debba – in virtù di principi piuttosto solidi e chiari – rifiutare un lavoro del genere – seppure a percentuale – in un mercato del lavoro che al momento non offre prospettive allettanti, anzi, nemmeno “minimali”.

Al di là delle motivazioni che sono esplicitate chiaramente nella campagna, mi piace ricordare come lo ZERO si leghi simbolicamente ad alcuni elementi fondativi della campagna stessa:

  • ZERO% significa respingere il gravare in toto della responsabilità di fallimento di una campagna o di una iniziativa. Chi è sul campo da tempo sa che ci sono fattori che sfuggono totalmente al controllo del fundraiser. Sono sicuramente elementi da tenere in considerazione: il periodo, la comunicazione, il target, ecc. ma il professionista – come in tutti i campi – non può rinunciare a una seppur minima retribuzione solo per non aver raggiunto completamente un determinato obiettivo, a maggior ragione in un campo dove anche l’emotività e il pathos contano in maniera considerevole; vedersi riconosciuto quindi un salario minimo, sarebbe già il primo passo verso il riconoscimento della professionalità stessa e dell’energia spesa nel tentare di far convergere così tante variabili verso la raccolta di risorse fondamentali per l’organizzazione;
  • ZERO% significa scegliere con ancora maggiore slancio la mission della propria organizzazione, tenedo fortemente disgiunto l’interesse personale dall’interesse per la ONP per cui lavoriamo: ne parliamo spesso e qui si tratta proprio di quel tornaconto “metaeconomico” (svincolato da percentuali)  che spesso cerchiamo nei nostri sostenitori e offriamo loro quando finalmente decidono di sostenere – anche loro – la nostra causa.
  • ZERO% significa ribadire con ancora più forza che il fundraiser non è brutalmente un “collettore di soldi”, ma è una persona che costruisce rapporti di lungo periodo in cui l’elemento della fiducia è essenziale a tessere consenso con i sostenitori, con i donatori ma – in primis – con la propria organizzazione che – anche lei – deve fare una scelta di fiducia;
  • ZERO% significa assecondare il fatto che il lavoro di un fundraiser serve anche ad incrementare la visisbilità stessa della organizzazione, la sua accountability, la riconoscibilità su un territorio più o meno vasto, promuovere progetti, evidenziare attività altrimenti nascoste e tutto questo non può essere retribuito con una “percentuale sull’incasso”.

E’ una battaglia che inizia e che sarà lunga e difficile, soprattutto in una contingenza economica come quella attuale dove il lavoro viene elemosinato piuttosto che offerto (anche qui mi aggrappo alle categorie tipiche della beneficenza).

L’ultima riflessione la dedico a quel mondo che addita il Nonprofit come nido di malaffare, di poche trasparenze, di fumosità interessate, di grigiore indistinto: a loro propongo – se vorranno – di confrontarci sulle scelte che questa campagna promuove, scelte di trasparenza e di svincolo dalla logica del “più mi dai, più guadagno”, lontane da quel mondo che tanti (ignoranti) hanno dipinto come un covo di interessi che – grazie a questa campagna e alle scelte che favorirà – potranno essere finalmente solo quelli che il Nonprofit quotidianamente affronta e sostiene con le sue tante sfaccettature.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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