La next generation siamo anche noi

Nel nostro ruolo di fundraiser – o più in generale nell’ambito del management delle organizzazioni Nonprofit – spesso ci siamo confrontati e lavoriamo costantemente per sviluppare l’opportunità di preparare e coinvolgere la prossima generazione di sostenitori e di donatori.

E’ indiscutibile che anche nel nostro settore i giovani costituiscano il vero e proprio futuro dela filantropia e a noi spetta il compito di coinvolgerli adeguatamente e fare in modo che possano comprendere al meglio la valenza del “donare”  – risorse e tempo – e il tipo di impatto con cui possono dare forma a un loro preciso ruolo.

Per mesi abbiamo trovato alla ribalta delle cronache delle nostre tematiche il possibile coinvolgimento dei numerosi baby boomer che si sono affacciati sul mercato delle più o meno innovative start up di successo e la possibilità di avvicendarsi anche nel ruolo di filantropi al seguito dei già “robusti” Buffet o Gates.

In questa prospettiva per noi c’è una responsabilità ulteriore, quella di formare, preparare e coinvolgere la prossima generazione di fundraiser. Loro hanno di fronte una serie di sfide o – più in generale – di elementi che sono sostanzialmente molto differenti rispetto a quelli che noi stessi abbiamo dovuto prima considerare e poi affrontare.

Da un lato i nuovi fundraiser hanno da la loro parte una grande varietà di conoscenze rispetto a prima che provengono dalla condivisione di esperienze di networking, senza dimenticare però il peso che ha via via assunto il mondo della formazione: tematiche legate al mondo del nonprofit, della filantropia, del sostegno alla comunità hanno arricchito corsi universitari, master e workshop implementando una cultura e skills personali altrimenti sconosciuti o relegati a ruoli marginali.

Ai futuri fundraiser è quindi spalancata una grande opportunità di entrare in relazione stretta con questo mondo già prima di potersi coinvolgere professionalmente con il mercato vero e proprio della raccolta fondi.

Dall’altro lato l’ingresso in questo settore avviene a condizioni un po’ più vincolanti: entrano in un mondo che offre molte meno opportunità di sviluppo rispetto a qualche tempo fa’, soprattutto in riferimento all’andamento della economia nazionale e globale.

A fronte di precise garanzie di sostenibilità delle cause, le responsabilità dei fundraiser sono cresciute notevolmente in maniera certamente proporzionale alla base delle loro conoscenze, ma con l’altrettanto rapido incremento delle cose da fare, tempi da rispettare, risorse da risparmiare e pressioni per “fare di più e meglio”.

Senza una solida rete professionale di colleghi e mentori che possa sostenere e spingere il coinvolgimento di giovani professionisti fundraiser, il rischio potrebbe essere di una rapida fuga da questo prezioso e partecipato mestiere.

Se, forte della pausa estiva, mi soffermo a rileggere e ad interpretare alcune delle indicazioni provenienti dalle esperienze dell’ultimo anno, non posso che convincermi ulteriormente dell’importanza di questa rete.

Tre esempi su tutti.

La scelta di ASSIF di coinvolgere i giovani in maniera più stringente va di pari passo con gli sforzi che sta attuando anche la AFP americana, esplicitati nell’ultimo editoriale del suo presidente Andrew Watt in cui evidenzia come prioritario ogni sforzo rivolto alla promozione della professionalità verso le nuove leve, con una assidua opera di accompagnamento da svolgere da parte dei professionisti già impegnati da anni nel settore.

E ancora l’esperienza di formazione e condivisione fatta a Vienna con altri fundraiser europei (prevalentemente giovani), mi convince una volta di più della necessità di integrare le energie e le istanze più nuove e moderne in un percorso in cui siano privilegiati gli elementi di integrazione rispetto a quelli di sostituzione. Un giovane fundraiser non serve solo perché sa usare bene il web e le sue dinamiche, così come il vecchio fundraiser non è utile soltanto perché sa fare bene il suo discorsetto laddove è chiamato a interloquire con un pool i sostenitori.

E come ultimo esempio la recente ennesima, controversa vicenda del Face to Face (vedi qui) su cui si ricamano tristi storie in cui scaltri imprenditori sfruttano giovani lavoratori in nome di cause e progetti.

Forse proprio noi (professionisti e mentori) potremmo essere coloro che contribuiscono non solo a puntare il dito laddove un po’ di marcio si annida, ma anche a indicare quali siano le strade corrette da percorrere per garantirsi un congruo compenso e l’animo sereno nel portare risorse a una causa seria e vera.

C’è molto da fare come network ma anche individualmente: avere una nuova risorsa accanto a me nelle mia organizzazione, coinvolgerla nelle riunioni, stimolarne le decisioni e ascoltarne le nuove idee emergenti, mi ha ricordato quanto è stato importante per me seguire altri professionisti più attempati di me, ascoltarne con attenzione gli spunti per poi magari ampliarli o superarli.

Se è vero che vogliamo garantire a noi e alle nostre organizzazioni un futuro, è altrettanto vero che dobbiamo preoccuparci di rendere il mondo  dei sostenitori più forte, ma questo non riguarda solo i sostenitori; dobbiamo aver un solido gruppo di professionisti fundraiser coinvolti e preparati, che siano pronti a fare un vero salto in avanti per prendere le redini del settore e tradurlo direttamente al suo livello più alto, con un preciso ruolo sociale riconosciuto inevitabilmente anche dalle istituzioni.

Se l’obiettivo è condiviso credo che ognuno poi possa trovare il proprio margine di lavoro:

  • per i giovani il loro coerente sviluppo di professionalità;
  • per i professionisti la capacità di indicare e coinvolgere e di rimodellare il loro ruolo senza pregiudizi;
  • per i sostenitori di trovare comunque rigore e serietà;
  • per le ONP garantirsi il loro futuro e sviluppare le loro attività;
  • per il mondo della formazione assicurare contenuti conformi allo sviluppo del mercato
  • per le istituzioni riconoscere e agevolare il preciso ruolo che il Terzo Settore occupa anche attraverso i suoi professionisti.
Ditemi la vostra, anche sotto l’ombrellone o dopo l’estate.
Io parto, torno, ma intanto vi leggo.
A presto.

 

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